BERNARD KHOURY E BEIRUT

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Casualmente ho visto l’immagine di un’architettura di Bernard Khoury, l’edificio definito PLOT # 1282 e devo dire che mi ha appassionato immediatamente. Ho messo in discussione tutte le mie convinzioni relative al rapporto dell’architettura con il contesto.  Se è vero che il concetto di genius loci dovrebbe rappresentare il punto di partenza di ogni progetto, partendo dall’insieme delle istanze socio-culturali di un luogo, dal linguaggio, dalle abitudini che lo caratterizzano, è altrettanto vero che le risposte progettuali possono essere molteplici. L’architettura di Khoury non poteva che essere in quel luogo ed in quel momento storico, di questo sono certo, ma l’aver concepito una “macchina da abitare” come una splendida “macchina da guerra” mi è parso singolare.

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Beirut è una città complessa e tale complessità culturale-religiosa è evidente anche nella sua struttura urbana, si stenta a trovare un centro, un confine, uno spazio pubblico e la guerra lunga e interminabile ha lasciato segni indelebili.

PLOT #1072

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plot piscinaN.B.K RESIDENCE

nbk skylineNon deve essere stato semplice per B.K., dopo gli studi alla Harvard University, tornare nel suo paese d’origine ed iniziare la propria carriera professionale, eppure il B 018, locale notturno situato in un’area vicina al porto denominata “Quarantaine”, usata in passato come area di quarantena per gli equipaggi arrivati in città, è una altrettanto singolare idea architettonica. Il progetto, ancora una volta, connota l’area urbana per la sua forte identità.

Bernard Khoury B018

 

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Una sorta di residuo bellico completamente interrato riaffiora in superficie con un “guscio” in lamiera nera che aprendosi, attraverso un sistema di pistoni idraulici, scopre per intero l’interno del locale. Così alla notte, questo taglio di luce e suoni, simbolicamente posizionato al centro di una grande piastra circolare di cemento armato, si anima aprendosi alla città, rivelando il cuore pulsante di questa spettacolare architettura. Di grande effetto, anche aver disposto una corona circolare di fari in superficie, che segnano i posti auto e circondano il locale, come anche la scala d’ingresso, un solco nero nel cemento armato che conduce nelle sue viscere. Bernard Khoury racconta la storia di questo progetto intrecciandola alla tragica morte del proprietario del terreno, vittima di un attentato prima della sua realizzazione nel libro – Bernard Khoury: Local Heroes – di Skira Editore.

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b018 internoSubisco decisamente il fascino di questa architettura, a cui mi sono avvicinato per semplice curiosità e con iniziali riserve, ma che a questo punto sarà indispensabile approfondire…

Da un’intervista a Bernard Khoury:

“Non sono un feticista di alcun tipo di sintassi architettonica o di estetica particolare. Credo e spero che non sia possibile trovare un chiaro filo d’unione tra tutti i miei progetti. Non inizio mai a lavorare sedendomi al tavolo da disegno, né di fronte ad un computer, non costruisco neppure modelli o forme tridimensionali; in generale, sono molto scettico nei confronti dei gesti formali cronici, non credo nell’utilità di metodi progettuali prefissati o di strategie ripetitive. I miei progetti non nascono da un processo lineare; in generale si dovrebbe partire con una valutazione obiettiva del contesto, dal punto di vista sociale, politico ed economico. Mi piace pensare di potermi contraddire. Poter contare su una comprensione profonda del contesto permette di formulare propositi specifici, nella speranza che siano anche pertinenti. Il mio obiettivo primario non è di tipo architettonico e non mi lascio guidare da preferenze formali o morfologiche prestabilite; quello che faccio è tradurre le mie intenzioni concependo situazioni, che possono anche rivelarsi complesse a volte. Ed è quindi per poter mettere in atto le situazioni previste che sviluppiamo i “dispositivi” giusti, progettati appositamente per assolvere a compiti specifici. In una situazione “da acrobata” ci sarà probabilmente bisogno di mezzi “da acrobata”; ecco dunque giustificata la complessità e la precisione dei dispositivi progettati, ecco anche spiegato il fascino esercitato su di me dalle apparecchiature di tipo militare o da altri riferimenti para-architettonici.”