is hygge
Ieri ho accompagnato due amici in cerca di casa a visitarne una che secondo loro poteva rappresentare il giusto acquisto.
Confesso che per spazi, luce, odori e colori, sono uscito di cattivo umore, nonostante fosse sabato. Ho cercato di convincere con tutta la mia capacità persuasiva gli amici ad abbandonare l’idea, ho meditato per tutto il percorso fino a casa, camminando e pensando, senza quasi vedere quello che mi scorreva intorno. Devo dire che la visita ha rafforzato una mia convinzione, ma al contempo ha aperto molti interrogativi sul tema dell’abitare.
Parto da una domanda. Dopo una giornata di lavoro, il grigiore dell’inverno padano e magari qualche “socializzazione” forzata esiste qualcosa di meglio che entrare in casa la sera e resettare i propri sensi in un ambiente in cui si ha la certezza di stare bene? Quante volte ho desiderato il ritorno a casa?
Pensato ai miei piedi nudi sul parquet caldo, alla mia penisola apparecchiata con la sola luce sul piatto, al mio libro pronto sul divano e al mio i pod di fianco al cuscino?
Ho maturato una convinzione, nella casa che ho visto sabato non vorrei ritornare mai, i miei clienti devono desiderare di tornare a casa. Stare bene deve essere la condizione “sine qua non” il loro abitare, quindi l’oggetto del mio operare.
Quanto sono hygge le nostre abitazioni? L’atmosfera piacevole, intima, accogliente, comoda, sicura e famigliare così cara ai danesi, tanto da influenzare riviste, social e tendenze dell’abitare di questo periodo, in quante case mi è capitato di trovarla? Forse gli italiani non amano i piaceri semplici della vita, conversare in famiglia e con gli amici davanti al camino, la convivialità legata alla buona tavola e tanto altro?
Non credo. Tuttavia spesso ho la sensazione che, con mia inevitabile frustrazione, in questo paese si dedichi più attenzione al comfort abitativo dell’interno di un’automobile che a quello della casa in cui si vive.
Vorrei sgombrare il campo da tutte le complesse teorie dell’abitare a favore di un concetto banale, ma che alla fine mi ha guidato per vent’anni, cercare di capire quali sono le qualità architettoniche di uno spazio che generano benessere. Al contempo vorrei però sgombrarlo anche dalla convinzione che basti accendere una candela, disporre sul divano qualche cuscino e creare una bella atmosfera per ritrovare la felicità. Senza scomodare i danesi, STARE BENE credo si possa considerare la traduzione della loro filosofia, ma anche il valore sostanziale di una buona architettura.
Ho la certezza che gli interni della casa sulla cascata di F.L.W siano profondamente hygge, perché ebbi la fortuna di entrarci e sebbene non fosse abitata, immaginai perfettamente l’atmosfera intima e speciale di cui potevano godere i signori Kaufmann nel lontano 1939.
In quel tempio sacro dell’architettura contemplai la living room per alcuni minuti…..

Mi sono chiesto, quali sono quindi le qualità architettoniche che condizionano il nostro stare bene all’interno della casa? Penso che qualunque elenco sarebbe riduttivo, ma da qualche considerazione bisogna pur partire….
le proporzioni dei locali – “a misura d’uomo”
i materiali e la loro superficie
il rapporto con l’esterno
la familiarità degli arredi e oggetti
la scelta cromatica appropriata
La luce diretta, indiretta o filtrata a seconda dagli ambienti