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Ci sono progetti e architetture che possono salvarti la giornata.
Quando la professione si manifesta non proprio come l’avevi immaginata e sei costretto ad affrontare norme, moduli ed altre misere formalità, regalandoti qualche minuto di navigazione, con un po’ di fortuna può comparire sul monitor l’immagine giusta. Quella che ti consente un’evasione onirica tale da risvegliare il tuo amore per l’architettura momentaneamente assopito.
L’hotel-resort Alila Yangshuo, lungo il fiume Lijiang, nella contea di Yangshuo in Cina, dello studio Vector Architects, ha tutte le caratteristiche per appassionare chi fa questo mestiere, ma anche di incantare chiunque non sia interessato all’architettura.
Il progetto, oltre ad includere il recupero di un vecchio zuccherificio degli anni ’60 immerso nella fiabesca area paesaggistica della prefettura di Guilin, comprende la costruzione di nuovi volumi architettonici tra cui quelli che ospitano le suites, una piscina posta strategicamente nella navata strutturale, un tempo utilizzata per movimentare la canna da zucchero e un percorso pedonale-sensoriale disegnato tra vegetazione rigogliosa e stagni artificiali.
Non è tanto l’impianto distributivo ad esaltarmi, quanto la sensibilità manifestata dal progettista nel dialogare con l’architettura esistente, nel cogliere il valore simbolico di quei muri, nell’introduzione garbata dei volumi aggiunti, nella valorizzazione del contesto naturale attraverso percorsi, prospettive, inquadrature e tanto altro.
Ho fantasticato sul lavoro dentro quei muri, sul significato degli ideogrammi lasciati sulle pareti di mattoni, sulla condizione operaia cinese, ho immaginato il diverso trascorrere della vita originario di questo luogo.
Ho apprezzato la nobiltà del “bèton brut”, da materiale grezzo, povero, utilizzato per gli scantinati a perfetto materiale di “sfondo”, capace di fondersi, sporcarsi, abbandonarsi all’invadenza della natura, così poeticamente adatto a presentarci l’inevitabile patina del tempo.